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JūJutsu – La storia

jūjutsu (柔術), spesso chiamato jūjitsu (Maurizio docet), è un’arte marziale giapponese il cui nome deriva da (o “jiu” secondo una traslitterazione più antica, che significa flessibile, cedevole, morbido) e jutsu (arte, tecnica, pratica).

Chiamato anche taijutsu (arti del corpo) oppure yawara (Kun’yomi di ), il jūjutsu era praticato dai bushi (guerrieri) che se ne servivano per giungere all’annientamento fisico dei propri avversari, provocandone anche la morte, a mani nude o con armi.

Il jūjutsu è un’arte di difesa personale che basa i suoi principi sulle radici del detto originale giapponese Hey yo shin kore do, ovvero “Il morbido vince il duro”. In molte arti marziali, oltre all’equilibrio del corpo, conta molto anche la forza di cui si dispone: nel jūjutsu, invece, la forza della quale si necessita proviene proprio dall’avversario; più si cerca di colpire forte, maggiore sarà la forza che si ritorcerà contro. Il principio di base, quindi, sta nell’applicare una determinata tecnica proprio nell’ultimo istante dell’attacco subìto, con morbidezza e cedevolezza, in modo che l’avversario non si accorga di una difesa e trovi, davanti a sé, il vuoto.

Il jūjutsu è un’antica forma di combattimento di origine giapponese di cui si hanno notizie certe solamente a partire dal XVI secolo quando la scuola Takenouchi (竹内流) produsse una codificazione dei propri metodi di combattimento.

Ma certo l’origine del jūjutsu è molto più antica e la definizione, durante tutto il periodo feudale fino all’editto imperiale del 1876 che proibì il porto delle spade decretando così la scomparsa dei samurai, si attribuiva alle forme di combattimento a mani nude o con armi (armi tradizionali, cioè spada, lancia, bastone, etc.) contro un avversario armato o meno, praticate in una moltitudine di scuole dette Ryū, ognuna con la propria specialità. Attrezzi come il Bastone (serviva a caricare i secchi),

i Sai  (serviva per la brace) ,   e il  Nunchaku ( per battere il riso)   diventano armi,

 

ma nascendo da semplici attrezzi da lavoro . Le armi erano inaccessibili ai civili, e questi ultimi adattarono nell’uso i pochi strumenti che avevano a disposizione, usandoli appunto per difendersi.

Si distinguevano perciò le scuole dedite all’uso della katana, la spada tradizionale giapponese, quelle maggiormente orientate alla lotta corpo a corpo, fino alle scuole di nuoto con l’armatura, tiro con l’arco ed equitazione. Queste ultime costituivano la base dell’addestramento del samurai, espressa dal motto Kyuba No Michi, la via (michi) dell’arco (kyu) e del cavallo (ba), che più tardi muterà nome in bushidō. Una caratteristica che accomunava tutte queste scuole era l’assoluta segretezza dei propri metodi e la continua rivalità reciproca, poiché ognuna professava la propria superiorità nei confronti delle altre.

In un paese come il Giappone, la cui storia fu un susseguirsi di continue guerre tra feudatari, il ruolo del guerriero rivestì una particolare importanza nella cultura popolare, e con esso il jūjutsu. La difesa del territorio, la disputa di una contesa, la protezione offerta dal più forte al più debole sono solo alcuni dei fattori che ne hanno permesso lo sviluppo tecnico, dettato dalla necessità di sopravvivenza.

Con l’instaurarsi dello shogunato Tokugawa (16031867), il Giappone conobbe un periodo di relativa pace: fu questo il momento di massimo sviluppo del jūjutsu, poiché, privi della necessità di combattere e quindi di mantenere la segretezza, fu possibile per i vari Ryū organizzarsi e classificare i propri metodi. Anche la gente comune comincia a interessarsi e a praticare il jūjutsu poiché la pratica portava un arricchimento interiore dell’individuo, data la relazione intercorrente con i riti di meditazione propri del buddismo zen. Ma la cultura guerriera era talmente radicata nella vita dei Giapponesi da spingere i samurai a combattere anche quando non ve n’era l’effettiva necessità. Ciò portava a volte all’organizzazione di vere e proprie sfide chiamate Dōjō Arashi (tempesta sul dōjō), in cui i migliori guerrieri si confrontavano in modo spesso cruento.

La caduta dell’ultimo shōgun e il conseguente restauro del potere imperiale causarono grandi sconvolgimenti nella vita del popolo: i giapponesi, che fino a quel momento avevano vissuto in completo isolamento dal resto del mondo, ora si volgevano avidamente verso la cultura occidentale che li stava “invadendo”. Ciò provocò un rigetto da parte del popolo per tutto ciò che apparteneva al passato ivi compreso il jūjutsu. La diffusione delle armi da fuoco fece il resto: il declino del jūjutsu era in atto.

Il nuovo corso vide la scomparsa della classe sociale dei samurai, che avevano dominato il Giappone per quasi mille anni e il jūjutsu, in quanto nobile arte, scomparve insieme ad essi; i numerosi dōjō allora esistenti furono in gran parte costretti a chiudere per mancanza di allievi, mentre i pochi rimasti erano frequentati da gente dedita a combattere per denaro, persone rozze e spesso coinvolte in crimini. Questo aspetto in particolare influenzò negativamente il giudizio del popolo nei confronti del jūjutsu poiché vedeva in esso uno strumento di sopraffazione e violenza.

Durante il periodo storico chiamato Restaurazione Meiji, si affermò grandemente in giappone il nuovo jūjutsu ideato da Jigoro Kano con il nome di Jūdō kodokan, che si proponeva come metodo educativo, insegnato nelle scuole come educazione fisica ed inserito nei programmi di addestramento della polizia giapponese. Si deve infatti ricordare come durante l’era Meiji, il Giappone formò forze armate statali al servizio dell’Imperatore basate sul modello occidentale, ma con caratteristiche autoctone. Nel secondo dopoguerra però, a causa della totale proibizione delle arti marziali tradizionali sancita dal generale MacArthur prima, e poi dell’evoluzione sportiva subita dal Jūdō quando poté essere di nuovo praticato (a partire dal 1950), si riaffermò il jūjutsu come tecnica di difesa personale, accanto all’Aikido di Morihei Ueshiba.

Il jūjutsu si diffuse nel resto del mondo grazie a quanti, viaggiando per il Giappone (principalmente commercianti e militari) a partire dall’era Meiji, lo appresero reimportandolo nel paese d’origine.

Oggi è praticato in numerosi paesi del mondo, con organizzazioni anche di carattere internazionale. I

Nel mondo esistono molte Scuole e Federazioni che praticano jūjutsu; proprio per questo il governo giapponese ha da tempo istituito un Ente, il Dai Nippon Butokukai (Sala delle virtù marziali del grande Giappone), con la funzione di salvaguardare le arti marziali Tradizionali Giapponesi dal “possibile attacco sferrato dalla modernità e dall’avidità umana”. Questo Ente certifica l’effettivo collegamento tra il passato e il presente di una Scuola tradizionale, conservandone documenti e quant’altro risulti utile a certificarne l’autenticità.

 

Fonte Wikipedia