Arti Marziali Giapponesi

REI – il saluto, un rituale non un’abitudine imposta

Il Rei (in giapponese 礼),

ci sembra utile, sebbene siamo sicuro tutti sappiano esattamente di cosa si parla e cosa rappresenta, descrivere il saluto utilizzando le informazioni e fonti che ci sembrano più attendibili. In generale il REI è un importante aspetto del modus vivendi orientale,  può esser identificato con la ritualità ed in particolar modo con l’etichetta e la cortesia da cui deriva la parola reigi 礼儀 (composta dai kanji REI e GI, quest’ultimo col significato di “convenzione o obbligo sociale”). Per estensione REI ha assunto il significato di ringraziamento, saluto e – nello specifico – inchino (in giapponese keirei 敬礼). Il rei è un concetto fondamentale per tutte le arti marziali di origine giapponese in quanto espressione della cortesia, del rispetto e della sincerità.

Il rituale del saluto è semplice nella sua forma esteriore, ma molto complesso nel suo aspetto interiore; è una presa di coscienza di se stessi, dei compagni, della palestra e dell’arte che si sta per praticare e non deve mai diventare un automatismo, un’abitudine o un obbligo imposto dal maestro. Il saluto non simboleggia una superficiale manifestazione di educazione, ma un lavoro completo sulla persona: la ricerca di una migliore adesione alla via (vedi articolo il do).

Il praticante, attraverso il saluto, si predispone correttamente all’allenamento, che richiede pazienza, umiltà e controllo dei propri sentimenti, e dunque un lavoro disciplinato, costante e diligente. Questo è lo spirito della via marziale: l’umiltà è un atteggiamento che bisogna assumere nella vita, la prima lotta che bisogna vincere è quella contro la propria presunzione.

Talvolta è accompagnato dalla locuzione OSU, sebbene sappiamo (vedi articolo OSU)  che questo termine  viene considerato (dai giapponesi) talvolta inappropriato e scortese.

Talvolta è accompagnato da un breve periodo di “meditazione”, concentrazione, volto a svuotare la testa dai pensieri e dai problemi quotidiani prima di iniziare un allenamento oppure appena terminato un allenamento per riflettere sui propri errori, limiti o semplicemente per tornare alla vita normale.

La complessità simbolica del saluto implica, in senso posturale, l’allineamento perfetto del ventre, del busto e della testa, centri, rispettivamente, della volontà, dell’emotività e dell’intelletto. La posizione del saluto è inizialmente verticale ed esprime la “via spirituale”; si inclina poi orizzontalmente, ad indicare la “via materiale”; tanto più è profondo l’inchino, tanto maggiore è il rispetto portato nei confronti di chi lo riceve. Dal punto di vista tecnico il saluto può essere collettivo o individuale, effettuato in piedi (ritsu)  o in ginocchio co i glutei sui talloni (seiza). Al momento di entrare nel Dojo (palestra) bisogna salutare con un inchino discreto e sincero rivolto alla “sede superiore” (kamiza 上座) e lo stesso inchino deve essere eseguito ogni volta che i praticanti si pongano di fronte o eseguano un esercizio di forma (vedi articolo kata).

Al momento del saluto gli ordini sono solitamente impartiti dall’allievo più anziano, posizionato capofila all’estrema destra (o sinistra talvolta a seconda delle discipline e dei maestri) degli altri allievi; tra questi vi sono delle espressioni verbali che precedono l’inchino vero e proprio e che possono variare a seconda delle circostanze. I più diffusi, quantomeno in Italia sono:

  • «Shōmen ni rei», il saluto allo shōmen 正面, ossia il lato anteriore o superiore del dōjō – tradizionalmente il più lontano dall’entrata – che è riservato all’altare, ai maestri e spesso agli ospiti illustri.
  • «Sensei ni rei», il saluto al maestro (sensei 先生).
  • «Senpai ni rei» il saluto all’allievo più anziano (senpai 先輩), che sostituisce il maestro quando quest’ultimo non è presente.
  • «Shihan ni rei» o «Hanshi ni rei», i saluti al maestro superiore, altamente onorato: shihan 師範 ed in particolare hanshi 範士 son titoli speciali riservati a maestri di livello (dan) molto elevato ed esterno dalla gerarchia della scuola, che insegna nel dojo solo in rare circostanze.
  • «Otagai ni rei», il saluto reciproco (otagai お互い) che simboleggia l’unità ed esprime il rispetto che si deve agli altri.

Solitamente ci si limita a due o tre di questi saluti.

fonte Wikipedia ed un poco di farina data dall’esperienza del nostro piccolo sacco.

Buon allenamento